La fame by Martín Caparrós

La fame by Martín Caparrós

autore:Martín Caparrós [Caparrós, Martín]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


7.

– Sei in macchina?

– Sí, motorizzata…

Dice, e ride: la donna ha una voce rauca, accento messicano.

– … piedizzata.

Dice, e la risata le esce strozzata. La donna è grassa ed è seduta; l’altra donna è grassa e le è seduta accanto: sono vecchie, gli tengono il posto nella coda. La prima donna dice che lei una macchina non ce l’ha, che non ce l’ha mai avuta e chiede all’altra se lei invece ce l’ha.

– Sí, io ce l’ho. Be’, mio marito. Ha i suoi anni ma funziona ancora.

– La macchina?

Le chiede l’altra, ed entrambe scoppiano a ridere. Due o tre persone in coda le guardano con aria interrogativa. Piove, leggermente ma piove.

Anche la Chiesa metodista dell’Amor de Dios riceve buona parte del cibo dal Food Depository – ed è aperta. O, meglio: circondata. Sotto la pioggia fine, centinaia di persone formano una coda che fa il giro dell’angolo e arriva fino a quello successivo. Le persone sono per lo piú messicani, per lo piú donne, per lo piú grassi, per lo piú sopra i cinquanta. Il quartiere è un’altra cosa: una zona che appartenne alla classe media – casette di due piani con un minuscolo cortile, i tetti con le loro tegole, un arabesco sulle finestre o sulle porte, alberi – ma è decaduto: ora è dei messicani. Sono case che hanno vissuto il loro migliore momento settanta, ottant’anni fa e che da allora in poi si sono andate deteriorando. Nel corso i negozi si chiamano Cuernavaca Bakery, Mexico Dollar Plus, Maria’s Beauty Salon, Paletería Azteca, Cheli’s Taquería; qui, in via Sawyer, davanti alla chiesa, ci sono ragazzini scuri che giocano a fare le capriole e un tavolo dove due uomini vendono tamales a un dollaro l’uno e tacos a un dollaro e novanta. Una donna passa gridando mentre spinge un carrello della spesa: i suoi tamales sono a novanta centesimi e, dice, belli caldi. I due uomini la guardano e si guardano; il piú giovane dice al piú anziano di non preoccuparsi, che se ne andrà via subito.

In quartieri come questo, dicono quelli del Food Depository, la percentuale di «insicurezza alimentare» supera il 40 per cento delle persone.

La gente attende paziente, avanza piano piano. Quando raggiungono la porta della chiesa appuntano i loro nomi su una lista, scendono alcuni scalini e arrivano in un seminterrato dove ci sono tavoli con insalate, cipolle, carote, patate, arance, zucche, molto coriandolo, lattine di fagioli, salsicce, riso, panini, addirittura dei croissant appena scaduti mandati da una catena di panetterie. C’è odore di coriandolo e di sudore; grida, risate, spinte. Fino a poco fa, mi dicono, c’era del pollo, ma è già finito.

– Prima gli preparavamo delle borse con il pasto, ma poi abbiamo scoperto che era meglio lasciargli scegliere quel che gli serviva.

Dice Ramiro Rodríguez, il pastore.

– Un giorno aiutai un signore anziano a portarsi via la sua borsa e quando mi disse che eravamo arrivati vidi che viveva in una specie di garage vuoto, un luogo abbandonato, senza bagno, senza cucina, niente. E vidi che aveva borse delle volte precedenti, molte cose buttate lí perché non poteva cucinarle.



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